Può un diritto essere a richiesta?
Non si fa altro che parlare di denatalità e inverno demografico in Italia.
C’è chi se ne preoccupa così tanto da organizzare Family day.
Altri geni di cui non ricordiamo il nome o abbiamo preferito rimuovere, qualche anno fa hanno affrontato la questione lanciando la proposta di offrire un pezzo di terra a chi avesse fatto il terzo figlio.
Sono riusciti persino a formulare questa minchiata, ma per ampliare la disponibilità dei posti al nido è servita una pandemia mondiale.
In maniera trasversale ci siamo battute per un anno perché una parte dei fondi di Next Generation Eu venisse allocato per andare a colmare questo divario: in Italia solo il 23% dei bambini può usufruire di un posto al nido.
Attualmente non abbiamo raggiunto nemmeno l’obiettivo europeo fissato per il 2010 di raggiungere il 36% del fabbisogno nazionale.
Dal 2017 un decreto ha sancito che il nido non è più un sevizio alla famiglia, ma un diritto della persona volto al superamento delle disuguaglianze socio-economiche, perché i bambini sono cittadini.
Questi soldi per la costruzione di nidi ora ci sono, ma i bandi per richiederli stanno andando deserti, soprattutto da parte delle amministrazioni locali al Sud, dove più ce ne è bisogno.
A breve questi bandi scadranno, e ci chiediamo se non ci sia altro modo di intervenire affinché un diritto che si riallaccia alla Costituzione non venga calpestato.
Può un diritto essere a richiesta?
Possiamo demandare a comuni, amministratori locali, che a stento hanno personale e competenze?
Ci sarebbe poi quel discorso che se un bambino non trova posto al nido comunale e una famiglia non può permettersi quello privato, a casa ci rimane mamma. E non solo per i bisogni del bambino nei primi mesi. Le donne escono a quel punto dal mercato del lavoro o partecipano in maniera ridotta, penalizzando i propri guadagni, la propria realizzazione professionale- e di conseguenza i contributi che versano, che significa che percepiranno anche meno di pensione- per conciliare carichi familiari e lavoro.
Mattarella durante il suo secondo insediamento ha detto che dignità non è dover scegliere tra lavoro e figli.
È questo il momento per cambiare i paradigmi.
C’è chi se ne preoccupa così tanto da organizzare Family day.
Altri geni di cui non ricordiamo il nome o abbiamo preferito rimuovere, qualche anno fa hanno affrontato la questione lanciando la proposta di offrire un pezzo di terra a chi avesse fatto il terzo figlio.
Sono riusciti persino a formulare questa minchiata, ma per ampliare la disponibilità dei posti al nido è servita una pandemia mondiale.
In maniera trasversale ci siamo battute per un anno perché una parte dei fondi di Next Generation Eu venisse allocato per andare a colmare questo divario: in Italia solo il 23% dei bambini può usufruire di un posto al nido.
Attualmente non abbiamo raggiunto nemmeno l’obiettivo europeo fissato per il 2010 di raggiungere il 36% del fabbisogno nazionale.
Dal 2017 un decreto ha sancito che il nido non è più un sevizio alla famiglia, ma un diritto della persona volto al superamento delle disuguaglianze socio-economiche, perché i bambini sono cittadini.
Questi soldi per la costruzione di nidi ora ci sono, ma i bandi per richiederli stanno andando deserti, soprattutto da parte delle amministrazioni locali al Sud, dove più ce ne è bisogno.
A breve questi bandi scadranno, e ci chiediamo se non ci sia altro modo di intervenire affinché un diritto che si riallaccia alla Costituzione non venga calpestato.
Può un diritto essere a richiesta?
Possiamo demandare a comuni, amministratori locali, che a stento hanno personale e competenze?
Ci sarebbe poi quel discorso che se un bambino non trova posto al nido comunale e una famiglia non può permettersi quello privato, a casa ci rimane mamma. E non solo per i bisogni del bambino nei primi mesi. Le donne escono a quel punto dal mercato del lavoro o partecipano in maniera ridotta, penalizzando i propri guadagni, la propria realizzazione professionale- e di conseguenza i contributi che versano, che significa che percepiranno anche meno di pensione- per conciliare carichi familiari e lavoro.
Mattarella durante il suo secondo insediamento ha detto che dignità non è dover scegliere tra lavoro e figli.
È questo il momento per cambiare i paradigmi.
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