Coronavirus, fase due e famiglie, la rabbia delle mamme: “Chi penserà ai bambini?”

Decreto dopo decreto e dopo quasi due mesi di lockdown, il Paese si prepara ad affrontare la cosiddetta fase due, con la riapertura graduale di tutta una serie di attività. Il mondo del lavoro si riaccende, le fabbriche si rimettono in moto, così come, via via, studi professionali, attività commerciali e imprenditoriali in genere. Non riaprirà, invece, il mondo della scuola che proseguirà le sue attività didattiche, nonostante tutte le difficoltà, attraverso la piattaforma digitale. Una scelta sicuramente di buon senso quello della ministra all’Istruzione Lucia Azzolina e del governo: proviamo ad immaginare quanto sarebbe difficile poter garantire la distanza sociale tra i bambini delle scuole materne e delle elementari che, per inciso, in Italia sono oltre 3 milioni. Quindi, scelta corretta. Già, ma ha chi ha figli e la fortuna di poter rientrare al lavoro, qualcuno ha pensato? Oppure i costi saranno a carico solo ed esclusivo delle famiglie? Come funzionerà il congedo parentale, visto che, in prospettiva, i genitori hanno di fronte almeno quattro mesi di gestione dei pargoli?

Francesca Fiore e Sarah Malnerich, due mamme torinesi, lanciano la campagna social #noncisiamo #chipensaaibambini attraverso il blog https://www.facebook.com/mammadimerd/(con 52 mila follower) non risparmiando aspre critiche al governo e inoltrando al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alle Lucia Azzolina Elena Bonetti

Le domande sono quelle che attanagliano migliaia di famiglie in tutta Italia. Ci sono i bandi per i progetti educativi che coinvolgono soggetti del terzo settore come associazioni di volontariato e cooperative sociali, di cui si parlava già a novembre in pre-pandemia: «Quando partiranno?». E c’è la questione dell’assegno universale mensile (che la ministra alla famiglia Bonetti ha ancora sul tavolo) per ogni figlio «di cui si era parlato a febbraio in seno al Family Act sulla base del reddito» oltre «all’estensione per altri 15 giorni del congedo parentale straordinario». E ancora: «In un Paese in cui i dati Istat- in condizioni non emergenziali - rilevano che il 31,5% delle donne disoccupate non cerca lavoro per motivi legati alla maternità e alla cura dei figli, e il 28% delle madri attualmente inoccupate ha lasciato il lavoro per gli stessi motivi negli ultimi sette anni, come si pensa di tutelare e supportare l’accessibilità al lavoro da parte delle donne in questo frangente?». In ultimo la questione delle case sovraffollate. L’Istat segnala che il 40% dei bambini italiani vive in case sovraffollate e inadeguate. «Quali sono i tempi dei bandi proposti per progetti che ridefiniscano spazi per i bambini, coniugando libertà e distanziamento sociale?». 

La situazione è certamente delicata e complessa, perché nessuno incentiva alla riapertura di massa in maniera incosciente. Il rischio, elevato, però, sarà quello di dover ricorrere ai nonni («e chi la trova così, sue due piedi, una babysitter affidabile?» tenendo poi presente che una baby sitter costa e non tutti possono permettersela), proprio quella categoria di persone che, in quanto anziane, finora è stato necessario proteggere.

Intanto la ministra Bonetti ha fatto sapere che «alle famiglie, mai come in questo momento, serve progettualità e visione». E che «un figlio non è 'una tantum'». Che fare allora? La proposta c’è: un assegno per ogni figlio, almeno fino ai 14 anni, da aprile a dicembre, secondo il reddito Isee (160 euro per redditi inferiori a 7mila euro, 120 per redditi tra i 7 e i 40mila euro, 80 euro per redditi superiori). E, sempre su Facebook, il minostro alla Famiglia fa sapere che «Allo stesso modo – sottolinea – sono al lavoro per strutturare un'offerta di sostegno all'educazione e alla custodia dei figli: congedi parentali estesi, voucher baby sitter ma anche creazione di una rete che coinvolga terzo settore, volontariato, comuni per aiutare concretamente le famiglie e offrire occasioni di attività ludiche, ricreative, motorie, appena il lockdown sarà terminato». «Alle famiglie occorrono garanzie e risposte concrete e tempestive» dice la ministra. Dovrebbe trattarsi di una prima fase – ora spinta a causa dell’epidemia – e legata al piano del Family act «che dovrà diventare la misura strutturale su cui costruire in modo solido e stabile un nuovo paradigma delle politiche familiari dal 2021» conclude Bonetti.

 

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